Cosa fare una domenica d’estate a Roma?
In coda sul raccordo tornando dal mare? C’è una maniera migliore per concludere il week end:
una passeggiata in bicicletta al Parco degli Acquedotti di Roma.
15 anni che vivo a Roma e non c’ero mai entrata, sono quelle cose che si sanno che esitono, si sa dove sono, ma poi non ci si va mai. Combatto la mia pigrizia romana seguendo le attività di ItineRoma una associazione, fatta da appassionati di Roma e di storia che ti permette di conoscere in maniera approfondita segreti della nostra stupenda capitale. Hai mai visto la luce che c’è al tramonto d’estate? Rende ogni superficie dorata, la campagna diventa ancora più mistica e non so perché ma mi da la netta sensazione di tornare indietro di mille anni.
La passeggiata in bicicletta ha un livello di difficoltà bassissimo, non è come pedalare nelle grandi ville di Roma, nel Parco degli Acquedotti il percorso è praticamente tutto pianeggiante, anche se non siete allenati vi divertirete tantissimo. Durante la gita si attraversano 7 degli 11 acquedotti romani, è incredibile pensare come riescano ad essere ancora in piedi. La cosa più sorprendente è contatare che quelli di origine romana non sono distrutti per cedimenti struttirali, ma perchè in epoca rinascimentale i Papi hanno utilizzato il materiale romano per costruirne di nuovi, ovviamente meno funzionali. Uno spazio così ampio, così strategico, che per millenni ha condotto le acque dell’appennino nella capitale, per usi diversi a seconda delle dominazioni, per uso agricolo, alimentare, per sfarzo, come quando si è usata l’acuqa solo per alimentare le Naumachie di Augusto, per le ville patrizie, per usi personali del Papa. Marco, la guida, ha una conoscenza della storia romana davvero incredibile ed è affascinante e a volte ipnotico ascoltare la storia dalle sue labbra. Abbiamo la fortuna di vivere in una città talmente piena di storia che molti tesori ci appaiono scontati e non li osserviamo con il dovuto interesse. Ad esempio,
un angolo apparentemente abbastanza desolato e abbandonato, è un esempio meraviglioso dell’accavallamento delle epoche.
Tor Fiscale, vede l’accavallarsi di epoche e mondi diversi: il primo acquedotto è quello Marcio, di epoca romana, famoso per trasportare l’acqua più pura dell’Aniene, la torre sovrastante è stata edificata in epoca medioevale per difendere la città ed il terzo è l’acquedotto felice di epoca rinascimentale, fatto edificare da Papa Sisto V. Quella interminabile campagna, gli acquedotti uno dietro l’altro, i Castelli Romani in lontananza, forse non tutti sanno che sono stati lo scenario della fine dell’Impero Romano. Proprio lì, su quell’erba verde sorgeva il Campo Barbarico utilizzato come accampamento dal re dei Goti Vitige per assediare Roma.
Se ci si ferma a pensare, su quella terra quasi 1500 anni fa è finito il più grosso impero della storia dell’uomo!
Il grande progresso dei romani era incentrato sulla diffusione degli acquedotti su tutto il territorio, ogni volta che conquistavano portavano l’acqua, perché solo intorno all’acqua può nascere una civiltà. Paradossalmente sono morti proprio a causa del controllo dei goti sugli acquedotti. Durante l’epoca medioevale la città si è spostata solamente nell’ansa del Tevere, come si può osservare passeggiando nel centro storico e l’area dell’Appia si è immaginata appartenere ad un’epoca addirittura antecedente a quella romana. Per fortuna anche nei secoli a seguire, quelli che sono i Parchi dell’Appia Antica sono rimasti intonsi, è proprio per questo che li trovo magici, lo so fa ridere, ma passeggiando per quelle distese di erbe e arcate in lateritio ti immagini centurioni che sfilano in lontananza.
Visitando il parco degli acquedotti in bicicletta con Itineroma ho scoperto un ulteriore lato che credo la maggior parte delle persone sottovaluti, o forse interpreta in modo erroneo.
Il Parco degli Acquedotti è teatro di integrazione culturale.
La zona intorno al Parco abbraccia luoghi popolari abitati da diverse categorie di migranti, tutti hanno in comune una cosa: la domenica e la condivisione. In estate si sa le persone amano stare all’aria aperta, ognuno ripropone i propri copioni, le proprie abitudini. Pedalando si percorre la strada più velocemente, è come stare in un film, vari mondi in uno stesso luogo, ero affascianta ipnotizzata, mi sembrava di vedere mondi che scopro in viaggio, nello stesso luogo, sotto casa mia.
Quando sono arrivata sotto le mura c’erano delle famiglie arabe sull’erba che facevano un picnic, donne con il chador, babini maschi che correvano, le femmine che aiutavano la madre. Una tovaglia sull’erba, cibo di ogni tipo, pane arabo e un narghilè accesso, si mangiava tutti insieme, uno scenario che ho visto tante volte in Siria.
Superata Tor Fiscale l’acquedotto Marcio faceva ombra ad una comunità di cinesi loro erano più equipaggiati, avevano portato i loro tavoli e le sedie per mangiare tutti insieme. La cosa che amano di più fare quando si riuniscono? Cantare al karaoke, e così dei resti romani, il tramonto, la campagna ed un televisore dove degli uomini cinesi cerano di inseguire le parole per esprimere al meglio la loro vena artistica. Dall’altra parte dello stesso acquedotto c’erano tanti ragazzi dell’europa dell’est, non sono riuscita a decifrare la lingua, stavo pedalando, giocavano a palla a volo, in circolo, chiamandosi e rincorrendosi.
Poi si arriva al ruscello dell’acqua marrana e li la musica è intensa, ti distoglie l’attenzione, le parole sono chiare, la lingua è conosciuta: è romanesco. Ragazzi poco più che ventenni, simil hip hop hanno trasformato il parco in una serata danzante: tavolini birra ed uno stereo che suona qualcosa come Fabbri Fibra de noartri, un’espressione di un quartiere di un lato della città e di una generazione che di sicuro non conosco bene. A volte si va dall’altra parte del mondo per osservare come si divertono le altre culture, invece basterebbe guardare con lo stesso interesse le culture che vivono sotto casa nostra!
Buona passeggiata!